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Il sumo come sport nazionale giapponese



Il sumo è considerato a tutti gli effetti lo sport nazionale giapponese per eccellenza, seguito dal baseball. Questa speciale disciplina marziale ha ridici storiche profonde e, come per quasi ogni cosa in Giappone, una profonda filosofia che ne esplica i principi. Un approfondimento sull’argomento è dunque doveroso, no?

 

Origini e regole basilari di un incontro di sumo

L’origine più probabile del sumo è legata ad un’antica leggenda giapponese che narrava lo scontro tra due divinità. Takemikatsuchi no Kami e Takeminakata no Kami sono i protagonisti del racconto menzionato nel Kojiki, il quale parla di come i due decisero di sfidarsi ad una gara di forza per stabilire chi fosse il migliore. Intorno al VI secolo, durante alcuni importanti rituali shintoisti, tale leggende vaniva resa reale e proposta come intrattenimento gli dei stessi.

Col passare del tempo, tali riti sacri hanno raggiunto l’interesse dapprima della Corte Imperiale, per poi coinvolgere le persone comuni. Questo lento processo si è infine concretizzato nel sumo moderno, che oggi conta migliaia di appassionati in tutto il Sol Levante. Quello che tuttavia affascina davvero è come, anche ai giorni nostri, la correlazione tra sumo e shintoismo sia estremamente forte (tanto che il ring in cui si sfidano i lottatori è considerato un terreno sacro a tutti gli effetti).

I rikishi (nome che identifica i lottatori di sumo) sono inoltre tenuti a seguire un rigido protocollo, sia prima, durante che dopo il match. La struttura di un incontro, infatti, è estremamente complessa e suddivisa in fasi che di seguito verranno descritte brevemente:

  • Dohyoiri: i lottatori di sumo di alto livello salgono sul dohyo per essere presentati alla platea. In questa fase i rikishi indossano una sorta di rigido grembiule in seta, il keshomawashi, decorato con stemmi e scritte che identificano gli sponsor. Durante questa prima fase viene inoltre svolto un rituale scaramantico per allontanare il male;
  • Yokozuna dohyoiri: è l’entrata in scena degli yokozuna (ovvero i lottatori migliori), la quale dà ufficialmente inizio ai combattimenti;
  • Il lancio del sale: primo di ogni incontro, i rikishi cospargono il dohyo con del sale. In Giappone, infatti, si ritiene che il sale abbia poteri purificatori e che protegga il ring da influenze maligne (che potrebbero essere la causa d’infortuni e incidenti). Nel frattempo, i rikishi dismettono il keshomawashi e indossano il tipico perizoma, detto “mawashi”;
  • Shiko: uno degli elementi più caratterizzanti del sumo. I lottatori sollevano una gamba sino a portarla in posizione quasi perpendicolare al suolo, dopodiché la riabbassano con vigore, in modo che il piede colpisca il terreno scatenando un potente tonfo. Questo movimento ha due obiettivi: il primo è quello di fare una sorta di “stretching” preparatorio. Il secondo consiste nello spaventare gli spiriti maligni e farli scappare dal dohyo;
  • Lotta: a questo punto i guerrieri si confrontano in un match che dura da una manciata di secondi a qualche minuto. Lo scopo della lotta è far uscire l’avversario dal bordo delimitato dalle corde o, in alternativa, di atterrarlo. Il sumo prevede una settantina di mosse che spaziano dallo spintonare al sollevare l’avversario, sino agli sgambetti;
  • Danza con l’arco: questa danza segna la fine del torneo ed è puramente simbolica. Un giovane rikishi si esibisce con un arco, trofeo assegnato ai vincitori nell’antichità, che oggi ha assunto il significato di forza e vittoria.



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