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I film della nostra infanzia: la docuserie di Netflix



In “I film della nostra infanzia”, Netflix ha voluto rendere omaggio a 4 film che hanno segnato gli anni ’80 e ’90, mostrandone il dietro le quinte, le interviste agli attori e rivelandone tutte le difficoltà di realizzazione che hanno avuto. Si tratta di un viaggio interessante, fra nostalgia e ilarità, che analizza le peripezie che hanno dovuto sostenere alcuni dei mostri sacri del cinema di quell’epoca.

 

Quattro episodi per altrettanti film

I film della nostra infanzia, è una serie documentario che si ispira ad una precedente interazione, di cui è anche spin off, intitolata “I giocattoli della nostra infanzia”. Si struttura in quattro episodi, ogni uno dedicato ad un film specifico, in particolare: Dirty Dancing, Mamma ho perso l’aereo, Ghostbusters e Die Hard.

L’idea è quella di raccontare ciò che ha contraddistinto questi titoli cinematografici, cosa è avvenuto durante il loro sviluppo, mostrando anche i punti di vista inediti degli attori coinvolti. Un viaggio affascinante all’interno di alcuni dei capisaldi del cinema degli anni ’80 e ’90, capace di far emozionare e “reinnamorare” nuovamente di questi lungometraggi che hanno segnato un’epoca.

La durata di ogni episodio è di circa 50 minuti l’uno e sono tutti strutturati più o meno nella stessa maniera: una serie di interviste montate, che danno spazio al lato più umano dei protagonisti, senza disdegnare qualche espressione buffa o aneddoto ilare.

Le preoccupazioni dovute ai problemi di budget, le difficoltà che si sono dovute superare per rispettare scadenze e impegni di produzione, mostreranno quanto fosse complesso realizzare un film di successo in quegli anni. Vedere il dietro le quinte di prodotti che tutti abbiamo amato da giovani, o bambini, è molto affascinante e può regalare un’esperienza davvero unica.

 

Alcuni problemi di ritmo per “I film della nostra infanzia”

Nonostante l’interessante argomento discusso, il modo in cui viene proposto è un po’ troppo veloce. Il ritmo della narrazione è, a tratti, errato e rischia di sommergere lo spettatore con troppe informazioni senza dargli il tempo di metabolizzarle. Tale metodo, infatti, è il medesimo usato nella serie “I giocattoli della nostra infanzia”, che però non si adatta alla discussione su lungometraggi così complessi.

La sensazione secondo la critica, è quella che si vada un po’ a rendere il tutto troppo banale a causa di un montaggio dai ritmi troppo serrati. Insomma, una piccola nota negativa che tuttavia non inficia il valore della serie documentario dedicata ai film della nostra infanzia.

Vederla vale assolutamente la pena, ricordate solo che dovrete farlo tutto d’un fiato!




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