La scorsa settimana sono arrivati su Amazon Prime Video i primi due episodi de Il Signore degli Anelli: Gli Anelli del Potere, la nuova serie tv che si prefigge l’obiettivo di esplorare gli avvenimenti della seconda era di Arda, il mondo fittizio scritto dal leggendario J.R.R. Tolkien che ha segnato la formazione della maggior parte dei nerd a livello globale.
Fare una recensione dettagliata con soltanto due episodi usciti è un azzardo troppo grande e non sarebbe corretto. Qui verrà invece fatto un discorso più ampio, che si focalizzerà sulle problematiche obiettive e su alcune delle “licenze poetiche” che gli showrunners hanno deciso di prendersi per narrare la loro versione dell’universo tolkeniano.
Fatta questa doverosa premessa, cominciamo col dire che i soldi investiti da Amazon (più di 715 milioni di dollari) per la realizzazione della serie si vedono tutti già solo in questi due primi episodi. La qualità degli effetti visivi è paragonabile ad una produzione cinematografica di altissimo livello, con scorci e ambientazioni che lasciano davvero senza fiato (in quanti hanno avuto i brividi nel vedere i due alberi di Valinor?).
Anche il comparto audio è veramente su un altro piano, con musiche perfette che ben sottolineano la drammaticità e l’epicità delle immagini che passano sullo schermo, facendo venire la pelle d’oca in stile “Marcia Imperiale” di Star Wars a ogni scena.
Belli nel complesso anche i costumi (salvo qualche eccezione, tipo Celebrimbor vestito da divano) che riescono a raccontare parecchio dei personaggi allo spettatore con una sola occhiata. Le 25 milioni di visualizzazioni totalizzate nella prima settimana da Gli Anelli del Potere sono quindi più che giustificate, ma purtroppo non è tutto rosa e fiori.
Tra le principali critiche mosse a Gli Anelli del Potere c’è quella che, secondo molti, della vera essenza di Tolkien c’è ben poco. Non è nostra intenzione scendere nelle polemiche che affollano la rete, né di accodarci al review bombing insensato che ha colpito la serie su vari portali di settore, ma ci sono sicuramente delle cose da dire.
Innanzi tutto, lo spettatore che si approccia allo show aspettandosi il pieno rispetto del canon tolkeniano rimarrà parecchio deluso. Buona parte delle storie e dei personaggi presenti sono inventati di sana pianta e riproposti (secondo gli autori) in un linguaggio moderno e accessibile a tutti. Di fatto il target a cui punta la serie è piuttosto generalista, come era comprensibile aspettarsi.
Brutte poi alcune scelte di scrittura per certi personaggi (Galadriel stiamo guardando proprio te, purtroppo), completamente stravolti e resi all’apparenza incapaci di prendere decisioni sensate. Concludendo questa breve disamina, ci sentiamo di consigliare assolutamente la visione della serie, ma se siete tolkeniani accaniti, è meglio che ve la guardiate sorvolando sul nome che porta e ve la gustiate come una generica serie fantasy.